In occasione della visita alla mostra dei Preraffaeliti a Forlì, non mi potevo esimere di visitare l’affascinante Rocca di Ravaldino collegata a molti avvenimenti storici ma in particolare alla figura della “Tigre di Forlì”, Caterina Sforza.
Grazie all’associazione “Il Drago Oscuro”, è stato possibile visitare l’interno della fortezza e i volontari ci hanno accompagnato e guidato nella visita. Attualmente è visitabile solo una piccola parte della Rocca, l’Associazione spera di allargare il giro in futuro.
https://www.ildragooscuro.com/
L’opera del pittore fiorentino Lorenzo di Credi, “Ritratto di giovane donna”, nella Pinacoteca civica del Museo di San Domenico a Forli, è ritenuta dalla tradizione il ritratto di Caterina Sforza da giovane, sullo sfondo si può notare la fortezza, e i gelsomini a dimostrazione della passione di Caterina per la botanica e rimedi naturali.
Caterina Sforza, una delle figure più affascinanti e controverse del Rinascimento italiano, è strettamente legata alla storia della Rocca di Ravaldino. Situata nella città di Forlì, la fortificazione della Rocca di Ravaldino è un’imponente struttura difensiva strategicamente importante.
Caterina Sforza, nata nel 1463, è stata una nobildonna che ha governato su Forlì e Imola. Conosciuta per la sua bellezza, intelligenza e soprattutto per il suo coraggio, Caterina prese il controllo della Rocca di Ravaldino nel 1488, dopo l’assassinio del marito, Girolamo Riario. Grazie alla sua determinazione e abilità strategica, riuscì a difendere la fortezza contro vari assedi, inclusi quelli delle truppe papali.
La torre di Ravaldino rappresentava non solo un baluardo difensivo, ma anche un simbolo del potere e della resistenza di Caterina. La sua vita e le sue imprese sono circondate da numerosi racconti tradizionali, che contribuiscono a rendere la sua figura ancora più affascinante nella storia italiana.
Una particolare leggenda riguarda gli avvenimenti del 14 aprile del 1488, una congiura della famiglia forlivese Orsi durante la quale fu assassinato il marito di Caterina, Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV, signore di Imola e Forlì e comandante delle truppe pontificie.
Niccolò Macchiavelli riporta la reazione di Caterina di fronte ai nemici che tenevano in ostaggio i suoi figli:
“Madonna Caterina (che così si chiamava la contessa)
promisse ai congiurati, che, se la lasciavano entrare in
quella, di farla consegnare loro, e che ritenessono a
presso di loro i suoi figliuoli per istatichi. Costoro, sotto
questa fede, ve la lasciarono entrare; la quale, come fu
dentro, dalle mura rimproverò loro la morte del marito,
e minacciogli d’ogni qualità di vendetta. E per mostrare
che de’ suoi figliuoli non si curava, mostrò loro le membra
genitali, dicendo che aveva ancora il modo a rifarne.
Così costoro, scarsi di consiglio e tardi avvedutisi del
loro errore, con uno perpetuo esilio patirono pena della
poca prudenza loro.”
Niccolo Macchiavelli, “Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”
libro terzo, cap. 6 “Delle congiure”
Il racconto riportato dal Macchiavelli può essere verosimile, ma probabilmente una signora del rango di Caterina figlia naturale del Duca di Milano e allevata alla corte Sforzesca può non aver fatto questo gesto, anche se sicuramente ha detto qualcosa di simile.
Solo il Macchiavelli riporta questa scena, altre testimonianze dell’epoca non ne parlano. e al massimo Caterina potrebbe aver alzato la gamurra l’ampia e lunga veste femminile del tempo.
La Rocca di Ravaldino era considerata una delle fortezze più sicure d’Italia. Le sue mura spesse e le sue torri massicce la rendevano praticamente inespugnabile. La Rocca offriva a Caterina e alla sua famiglia un rifugio sicuro durante i periodi di instabilità e guerre. All’interno della fortificazione Caterina fece costruire un rivellino, (fortificazione indipendente), dentro il quale edificò il suo palazzo chiamato “Il Paradiso”, con piante e affreschi che ricordavano l’Eden. Fu all’interno di questo che Caterina il 16 luglio 1499 ospitò Niccolò Macchiavelli, ambasciatore per conto dei Medici per un alleanza contro Pisa.
Di questo palazzo oggi non rimane più nulla, forse dovuto ai lavori di adeguamento di una parte della fortezza a carcere.
Dentro la Rocca
Interno della Rocca
Grazie alla guida dei volontari, è stato possibile visitare alcuni locali interni della Rocca, camere che sotto il dominio papale furono ad1ibite a carcere sulle pareti sono visibili i grafiti dei prigionieri, e dopo il camminamento lungo la torre un ambiente che era utilizzato come polveriera e deposito armi.
La caduta della Rocca di Ravaldino
La fine del XV secolo è un periodo turbolento per le varie signorie in Italia, il papa Alessandro VI (Borgia) ha il sogno di riunire l’Italia sotto lo stato pontificio e il suo condottiero è il figlio illegittimo Cesare. Sotto la guida del padre fu combinato un matrimonio politico con la nobildonna francese Charlotte d’Albret, lo scopo era creare un alleanza con il re di Francia Luigi XII, il quale accettò, anche per ottenere da parte del papa lo scioglimento del suo matrimonio con Giovanna di Valois e per poter sposare Anna di Bretagna.
Luigi XII nominò Cesare, Duca di Valentinois, di seguito Cesare Borgia sarà chiamato “Il Duca Valentino”.
Grazie a questa alleanza Cesare ottenne di essere al comando delle truppe francesi in Italia, con le quali poteva raggiungere il suo sogno.
(Da Wikipedia)
Fu in questo contesto che a fine del 1499 Cesare Borgia con le sue truppe conquistano prima, Imola il 24 novembre 1499 e poi Forlì il 17 dicembre, Caterina Sforza si rinchiude nella sua fortezza e si oppone alla conquista, ma dopo circa un mese il 15 gennaio 1500 sotto i colpi di bombarda della truppe del Valentino si apre una breccia nelle mura della Rocca e Caterina deve cedere alla forza di Cesare, si dichiarò prigioniera dei francesi (alleati del Valentino), sperando di poter beneficiare di una legge in vigore nel regno di Francia che proibiva di tenere le donne come prigioniere di guerra.
La fine e l’eredità di Caterina Sforza
Il tentativo di dichiararsi prigioniera dei francesi fu inutile, Cesare Borgia la tenne con sé e la condusse a Roma, dove fu accolta dal papa Alessandro VI, con apparente cortesia e alloggiata presso lo splendido palazzo del Belvedere, in cima al colle Vaticano. Tuttavia, in seguito a un suo fallito tentativo di fuga e accusata di aver cercato di assassinare il papa con una serie di lettere impregnate di veleno, la fiera contessa fu incarcerata a Castel Sant’Angelo.
C’è da dire che dopo l’assassinio del marito Girolamo Riario, Caterina nel 1497 si sposo con Giovanni de’ Medici, detto il Popolano, appartenente al ramo cadetto della potente famiglia fiorentina, che aveva conosciuto a Forlì per motivi diplomatici.
Dalla loro unione nacque Ludovico in onore delle zio Ludovico il Moro, duca di Milano, ma conosciuto in seguito come Giovanni dalle Bande Nere, l’ultimo importante capitano delle compagnie di ventura.
Il 30 giugno del 1501, grazie all’intervento del comandante generale dell’esercito francese, Yves d’Alègre, giunto a Roma a capo delle milizie di Luigi XII, per conquistare il regno di Napoli, liberò Caterina dalla prigione.
Lei si rifugiò a Firenze, nella villa medicea di Castello, un tempo appartenuta al suo marito.
In seguito, alla morte di Alessandro VI (1503), cercò di recuperare i possedimenti perduti dalle mani del nuovo papa, Giulio II, ma fu la stessa popolazione di Imola e Forlì a opporsi al suo ritorno. La signoria fu dunque affidata ad Antonio Maria Ordelaffi, erede di una delle più influenti famiglie di Forlì e già in passato signori della città.
Caterina trascorse gli ultimi anni della propria vita dedicandosi ai figli e ai nipoti, oltre che allo studio dell’alchimia. Morì il 28 maggio del 1509, a soli quarantasei anni, colpita da una grave forma di polmonite e così come aveva disposto, le sue spoglie ebbero una modesta sepoltura nel convento di Santa Maria delle Murate a Firenze.
Nel 1835, la lapide e le stesse ossa di Caterina, andarono perdute durante i lavori di ristrutturazione del convento, convertito allora in prigione di Stato.
Nel 1537 qualche decennio dopo la morte di Caterina, suo nipote figlio di Giovanni dalle Bande Nere, Cosimo I, dimostra di avere ereditato lo spirito della nonna Caterina, diviene Duca di Firenze e dà inizio a una politica espansionistica che lo porterà nel 1569 all’emissione della bolla papale da parte di Pio V, che eleva lo stato mediceo a Granducato di Toscana, premiando Cosimo I per lo zelo nella lotta contro l’eresia e per il suo impegno nella guerra in Francia contro gli Ugonotti.
La discendenza di Caterina Sforza arrivò anche alla famiglia reale di Francia, infatti suo nipote Cosimo I genera Francesco I, che avrà come figlia Maria de Medici, che andrà in sposa a Enrico IV re di Francia e il figlio sarà Luigi XIII, padre di Luigi XIV il Re Sole.
La storie e i fatti relativi a Caterina Sforza mi hanno affascinato anche per un altro interessante fatto, Caterina era figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e della dama di corte Lucrezia Landriani, quindi suo nonno era il famoso capitano di ventura Francesco Sforza il quale sposandosi con Bianca Maria Visconti unica erede del Duca di Milano, diede inizio alla dinastia Sforza.
Francesco figlio illegittimo del condottiero Giacomo Attendolo (detto “Muzio” e anche Sforza) e di Lucia Terzani da Torgiano, e nato nel castello di Cigoli che si trova nel comune di San Miniato, il 23 luglio 1401, quindi nel mio stesso comune di nascita.
Nella sala del Municipio di San Miniato è possibile osservare un affresco a lui dedicato.
I particolari della storia di Caterina Sforza sono molti, io ho riassunto alcuni fatti presi dal racconto di Macchiavelli già citato, e altre informaz1,5ioni dalla rivista “Storica” del National Geographic
www.storicang.it/newsletters
Per chi volesse approfondire altri aspetti riguardanti Caterina Sforza e Forlì vi segnalo il seguente blog:
www.forlitoday.it/blog/il-foro-di-livio
Per iniziative e rievocazioni storiche vi rimando al sito dell’Associazione “Drago oscuro”:
www.ildragooscuro.com/
LA MIA PROSPETTIVA
4 visite
Molto dettagliato
Le foto sono ottime
Incuriosisce tanto
Grazie Manuel